Ho aperto gli occhi. Non me ne sono neppure accorta. Mi sembra di aver dormito per una vita intera e lunghissima. Dall’altra parte sentivo freddo dentro e fuori: nelle ossa, nel cuore, nelle orecchie; gli occhi erano diventati di cristallo e il gelo assordante e incolore di quel silenzio mi ha uccisa. Una presenza è rimasta accanto a me fino alla fine, raggomitolata come un sogno infranto. Ma adesso è diverso. Mi sento come una di quelle mattine che arrivano a spezzare un periodo di dolore. Non dovrò più fingere. Non dovrò più istigarmi al suicidio.
Sono in una vasca piena d’acqua e i profumi di un’altra pelle e di un altro sangue mi riempiono le narici. Torno alla vita, quella vera e trasparente. Ora il caldo mi possiede. Da questa parte sento petali che si sciolgono e il crepitio che proviene da un caminetto acceso.
Lo so, è solo nella mia testa; questo calore non percorre per davvero il corridoio, non arriva a bussare alla porta del bagno. Fuori da questa vasca fa ancora freddo.
Per la prima volta nella mia vita i dettagli hanno un senso, mi parlano: il chiaroscuro che si è formato in questa stanza da bagno, la luna timida svelata da un ritaglio di finestra e l’odore delle mattonelle che coccolano la polvere. Le avevo spolverate prima di addormentarmi. O era stato mio marito?
È raro sentirsi bene ma è ancora più raro sentirsi vive.
Ora so che se qualcosa di questo universo si affacciasse alla porta, io saprei farmi trovare pronta e saprei cosa pensare: un’idea dolce e orripilante. La sentirei in tutti i miei nervi.
La sentirei.
Mi sentirei.
Perché lo so: la morte esiste.
Ma ora so di più: la morte non è tutto.
Mentre mia madre mi partorisce nell’acqua ho la certezza che per pochi secondi o minuti o giorni io sarò in grado di ricordare la mia vita passata.
Perché ora so che esiste anche un’altra cosa: la reincarnazione.

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