Le cose di dopo

Il Contest del FLA2020

Un genoma migliore

di Danilo Mommo

“La stanza da letto era stata la prima ad esplodere, le briciole delle pareti erano schizzate via insieme a milioni di schegge di vetro, poi l’onda distruttiva si era propagata nel corridoio, aveva investito l’acquario con decine di pesci rossi a bocca aperta, era penetrata in cucina sventrando il forno, si era quindi schiantata contro yogurt, ravioli e altri cibi da tenere in frigorifero a una temperatura non superiore a 8 gradi, aveva scaraventato la porta dell’appartamento in aria e l’aveva trascinata lungo le scale, fino a farla precipitare al piano terra, dove in pochi secondi pezzi di palazzo neopromossi a macerie la seppellirono esanime, se mai una porta può avere un’anima”.
- Se non ha gli occhi, non ha un’anima – obiettò il caramellaio.
- Dato che la porta aveva uno spioncino e che il suo proprietario soleva infilarci gli occhi, dopo una decina d’anni d’attività, se l’avesse voluto, la porta avrebbe anche potuto spiare all’interno del suo proprietario.
- Ma le porte non sono capaci di pensare, anche volendo non potrebbero mai fare una cosa del genere.
- Ho una storia a riguardo, se ti interessa.
- Ho già perso abbastanza tempo con te, cantastorie. Hai visto quanti clienti? Prendi il tuo orsetto gommoso e vai via. Ma domani ritorna, ti prego.
- Domani devo partire, te l’ho già detto. Se mi dai un rotolo di liquirizia, però, ti posso scrivere una storia su un papiro, così te la puoi fare leggere dal dotto.
- Odio la voce del dotto! Conoscerà pure l’alfabeto, ma quando parla sembra che respiri elio. Ma va bene, vieni qua, dato che non mi rimane altra scelta.
Il cantastorie afferrò con una mano l’agognata liquirizia e con l’altra impugnò la sua penna stilografica, garantita per 18 chilometri di scrittura, e mise nero su papiro un racconto ambientato nel futuro, ma narrato al passato. D’altronde, lo aveva già vissuto, più o meno.
“Era l’era dei supereroi e tutti, ma proprio tutti, tranne qualcuno, avevano dei superpoteri. Ce li aveva persino il fornaio all’angolo della strada, o il gommista in fondo al viale. All’inizio erano molto costosi e la gente se li scambiava per le ricorrenze più importanti, come le feste di Natale, i compleanni, gli anniversari. Erano venduti all’interno di fialette di vetro e andavano bevuti lontano dai pasti per poterne usufruire al meglio. Si potevano acquistare nei supermercati, anche a rate, ed erano pubblicizzati ovunque. Sui social, in televisione, in radio, tutti parlavano dei superpoteri e di quanto fossero sensazionali. La gente si riprendeva mentre camminava a testa in giù sul soffitto, svolazzava da un palazzo a un altro, spruzzava fuoco dalle dita e compiva altre imprese miracolose. Certo, avevano dei limiti, come ad esempio una breve durata, oppure effetti collaterali quali febbre alta, perdita di gusto e olfatto, reazioni allergiche. Dopo qualche tempo, però, la formula venne perfezionata, i prezzi abbassati drasticamente e i superpoteri divennero accessibili a tutti. Li compravano i fumatori insieme al pacchetto di sigarette, i ludopatici con il biglietto della lotteria, le famiglie annoiate in gita al centro commerciale. Un sorso della pozione multicolore e il proprio genoma veniva modificato, anzi migliorato, a detta degli slogan pubblicitari.
Melo, invece, era uno di quei pochi che non sapeva distruggere una montagna con un pugno, umiliare in una gara di velocità la luce, diventare invisibile al passaggio dei controllori sull’autobus o parlare di politica con gli animali dello zoo. Aveva assistito alla rapida rivoluzione della società con scetticismo. D’altronde, era sempre stato un anticonformista, si vestiva alla meno peggio e si nutriva di musica, film e libri che erano sconosciuti ai più. Per cui, invece di comprare le mitiche fialette che ormai vendevano anche gli ambulanti al mercato comunale, aveva preferito rimanere normale.
Un giorno, però, mentre passeggiava con la bicicletta, Melo venne investito da una macchina. Non si fece nulla di che, giusto qualche escoriazione superficiale su braccia e gambe, ma quando l’autista gli chiese perché non fosse volato via, o avesse usato qualche altro superpotere, dovette ammettere di non averne.
Fu una rivelazione innocente, ingenua, ma la pettegola di turno, una signora che aveva assistito alla scena con una smorfia di piacere, ne approfittò per farlo diventare una minaccia agli occhi di tutti. Nel giro di pochi secondi, infatti, si era teletrasportata nelle case di tutto il vicinato per rivelare la notizia scottante. C’era un ragazzo giù in strada, probabilmente un nemico dell’umanità, che non aveva mai bevuto una di quelle pozioni miracolose!
Melo fu quindi mandato a scopo precauzionale dallo psicologo più in voga in città, che aveva il superpotere di leggere nella mente degli altri. Il dottore non lo discriminò, ma, anzi, ne fu molto interessato. Più che interessato, esaltato, al punto che la sera, tornato a casa dalla moglie, non fece altro che decantare il cervello del suo nuovo paziente. E l’amigdala di qua, e il lobo temporale di là, e non hai visto l’ipofisi, e i neuroni, ma che neuroni snelli, e che ippocampo sodo! Da copertina!
Il giorno seguente, lo psicologo disse a Melo di volerlo sottoporre a un test e gli chiese di guardare nello spioncino di una piccola porta posta a chiusura di uno scrigno. Il ragazzo rimase un po’ spiazzato, ma d’altronde viveva in un mondo di supereroi e si era abituato alle stravaganze. Accettò con rassegnazione e fece come gli era stato detto. Fu così che, mentre Melo fissava il vetro, si sentì risucchiare al suo interno. Lo psicologo, dunque, aveva aggiunto l’ennesimo cervello primitivo alla sua collezione personale. Il ragazzo avrebbe dovuto aspettarselo, così come esistevano i supereroi, esistevano i super psicopatici”.
Quando il cantastorie finì di scrivere, il caramellaio stava ancora servendo i suoi clienti. Melo sorrise e addentò la liquirizia, godendosi il suo viaggio nel tempo in quell’epoca che lo faceva sentire creativo, libero e spensierato.

 

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