Le cose di dopo
Il Contest del FLA2020
Guardiani
di Alfredo di gregorio
Guardiani
La prima “uscita” a funghi è stata, vista la forzata inattività della quarantena, molto faticosa. Così durante una breve pausa di recupero credo di essermi mezzo addormentato. Mezzo perché non si è trattato di un vero sonno, piuttosto un dormiveglia, come si dice da noi “tra veje e sonne” e, o a causa della stanchezza o della rarefazione dell’aria, in un leggero stato di confusione mi è sembrato che qualcuno mormorasse queste parole. “Io sono qua da sempre, prima dell’orso e del lupo, prima dell’elefante e dell’uro. Io sono qua da sempre, prima che voi veniste con le vostre mandrie, i vostri cani, le vostre fragili case. Regnavo su tutto ciò che si vede, correvo con la velocità e la forza del fulmine ereditati da mia madre, “pater ignotum”. E il lampo e il tuono mi rigeneravano ed ero sempre più forte. Io sono qua da sempre e vi ho visti incerti e spauriti, fragili e scialbe creature arrampicarvi tra le mie vette e le mie valli e ho, ahimè, avuto pietà. Troppo deboli e insignificanti per costituire un pericolo, ho creduto fare cosa gradita a GEA nel risparmiarvi. Ho lasciato che vi moltiplicaste, così lentamente ma inesorabilmente sostenuti dai vostri spregevoli dei e, apprese le arti di Efesto avete creato empi strumenti con i quali avete violato mia madre umiliato le innocenti Ninfe degli alberi e delle fonti e ingannato Pan e Artemide. E quando anch’io sono stato oggetto delle vostre perfide mire, Gea mi ha protetto nascondendomi ai vostri occhi, trasformandomi in roccia. Quale ora sono. Poi di nuovo Gea ha inteso difendersi chiamando mio fratello Encelado a ricordarvi che non siete padroni, ma ospiti. Così torno in vita quando è necessario punire qualche irriconoscente nullità, quali voi siete, facendola sparire. Io sono qua da sempre”. Svegliatomi mi sono avviato verso l’auto e nel voltarmi per un’ultima occhiata alla zona dell’improvvisato giaciglio ho visto e fotografato questo gigante di pietra, e il sogno ha acquisito significato. Questa formazione rocciosa è messa a protezione dell’altopiano del Voltigno. È un titano zoomorfo, figlio illegittimo di Gea. La sua funzione è quella di vigilare e salvaguardare questo meraviglioso lembo d’Abruzzo. Stateve accuorte! È spietato contro coloro che non approcciano con il dovuto rispetto e, sentimenti di stupore e ammirazione questa inimitabile opera del Creato. L’immagine classica vede sugli ampi pascoli mandrie di bovini, equini e greggi di ovini. Questi sono gli “utenti” regolari, di notte e ai primi albori, i clandestini. Cervi, caprioli, cinghiali e altri ungulati. È certa la presenza, inquietante e intrigante del lupo, quella schiva del camoscio e conferme recenti dell’orso. Per secoli la presenza umana, in questa zona, era limitata perciò a pastori, boscaioli, carbonai. La montagna come ambiente di lavoro duro, faticoso, sfibrante, ingrato, pericoloso. Ma anche protettivo e salvifico per eremiti, fuggiaschi, briganti e patrioti. Economia di sussistenza con ripercussioni, una volta evidenti, anche sulle caratteristiche fisiche, oltre che culturali della sua gente. Poco spazio per il “romanticismo”. Più lontano scorgo un uomo con un sacco in mano vicino a un pick up che sembra stia seminando. Incuriosito mi avvicino, lo saluto e chiedo di cosa si stia occupando. Sta integrando la dieta dei suoi cavalli con del sale. Gli animali sembrano sapere di cosa si tratta e lentamente cominciano a convergere verso il “punto di ristoro”. L’allevatore è molto disponibile alla conversazione, mentre parliamo alcuni cavalli si avvicinano al fuoristrada e cominciano a brucare il fieno posto sul cassone. Lo faccio notare al mandriano che imprecando “bastardi, arrì, arrì” si scaglia contro gli animali, li allontana dal furgone e mi dice “visto che bastardi, tutta quest’erba e loro mangiano il fieno, bastardi”, poi continua “sono animali maledetti dal Padre Eterno” e quindi spiega l’origine della maledizione, ma questa sarà oggetto di altra narrazione. Ad alcune mie domande risponde volentieri e con ricchezza di particolari, ha piacere ad aver qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere. Scopro così che egli è “l’ultimo cavallaro”. Nessun giovane è disposto a seguire le sue “orme”. Dopo il suo pensionamento non ci saranno più cavalli sul Voltigno ed esso perderà perciò una delle sue più affascinanti peculiarità. I cavalli sono, come l’erba, le vette che gli fanno corona, come gli altri animali sopra citati parte integrante dell’ altopiano. Ho assistito più volte affascinato e intimorito a galoppi sfrenati di stalloni che in pochi secondi da una lontana collina, con poderosi nitriti e criniere al vento sfrecciavano a poche decine di metri dalla mia posizione Peccato che il nostro mandriano usi per gli spostamenti, invece di focosi stalloni, un fumoso pick up ma la sua attività concede poco al romanticismo. Scarsi guadagni, lavoro duro, fatica che non conosce festività, esposizione a tutte le intemperie, rare occasioni di socializzazione, come si evince dalla voglia di parlare e raccontare. Ci sono dispute dice, al momento solo verbali, tra diversi allevatori per l’uso di fonti e abbeveratoi (e qua riecheggiano i titoli dei telegiornali sulla mafia dei pascoli). C’è il rischio, chiedo per essere in tema, di trovarsi immischiati in qualche sorta di faida a causa delle assegnazioni dei fondi europei? Ci saranno anche in Abruzzo “lupi espiatori?” Mi fissa per un attimo pensieroso, atteggia le labbra come a cancellare un brutto sapore dalla bocca e scuote il capo senza rispondere. Infine “arrì, arrì” allontana i cavalli più riottosi dal fieno e l’ultimo cavallaro “monta” sul pick up inerpicandosi lungo la carrareccia che porta al Voltignolo. Rimarrà quindi solo il Titano a vigilare sulla salvaguardia di questo territorio scampato finora alle speculazioni di turismo predatorio e ora nelle mire delle mafie dei pascoli? “Settembre andiamo è tempo di TORNARE in terra d’Abruzzo”.