Le cose di dopo
Il Contest del FLA2020
Compiti per domani
di Flavia Fimiani
Certo, è un peccato. Sfoglio le pagine in fretta, cercando qualcosa che non c’è. In storia siamo arrivati al Duemila, sapete cosa vuol dire, vero? L’undici settembre, la crisi economica dal 2008, i flussi migratori, gli attacchi terroristici, la pandemia… Tutte cose che saprete benissimo. Mi sembra di capire che la pandemia sia stata particolarmente dura da digerire, dal momento che ha coinvolto tutti, nessuno escluso. C’è chi ha combattuto negli ospedali, medici, infermieri, tutto il personale sanitario, spesso addormentandosi sui tavoli al termine di turni disumani, ferite sui visi, regalo delle mascherine sempre attaccate alla pelle. Chi era al potere si è ritrovato a dover prendere decisioni senza precedenti. I ragazzi della mia età hanno sopportato, con ammirevole pazienza, mesi di scuola a distanza. Io non so se ce l’avrei fatta, a dirla tutta. Se ci pensate, è una bella fregatura. Lezioni, compiti in classe e interrogazioni, senza poter vedere e abbracciare gli amici. C’è chi ha perso il lavoro e ha stretto i denti per arrivare a fine mese, con il portafoglio vuoto e una famiglia da sfamare. Gli aiuti dall’alto che arrivavano in ritardo, mentre a tavola la sera c’era un piatto di pasta in bianco. Come anche a pranzo. E poi? Che gran peccato. Tutti quegli sforzi… continuo a sfogliare le pagine senza riuscire a liberarmi da un’incredulità mista ad amarezza. C’è chi è rimasto semplicemente chiuso in casa, per non mettere a rischio, prima ancora che sé stesso, gli altri, anziani e immunodepressi, la parte più fragile della società e al contempo la più preziosa, lo specchio di una società progredita nella direzione giusta. C’è chi ha lottato contro i propri demoni interiori per non impazzire, o almeno non del tutto, dentro quattro mura soffocanti. Il confinamento prescritto dall’alto ha privato tante donne della libertà, se così si può chiamare, di scappare da un’amica per sfuggire a un marito violento. Molte di loro hanno avuto il coraggio di denunciare, altre non sono mai uscite vive da quelle quattro mura infernali, sintomo di una società che sta sbagliando qualcosa. E sta sbagliando di grosso, ma questo è un altro discorso. Mi capita spesso di divagare, o di “andare fuori tema”, come dicono i miei professori. Dov’eravamo? Già, tutte le fatiche affrontate durante la pandemia, i sacrifici più o meno dovuti, la forza imprevista che ha tenuto insieme un organismo mondiale già claudicante. Tutto questo per cosa? Per mandare tutto all’aria in questo modo? Continuo a sfogliare le pagine alla vana ricerca di qualcosa che non troverò, alla ricerca di un finale diverso. Tornando alla parte più vulnerabile della società, c’è anche chi ha dimostrato un’inaspettata solidarietà, portando la spesa ai vicini anziani a cui prima di allora non aveva mai rivolto la parola. C’è chi ha rinunciato a vedere i nonni per proteggerli da un male più grande di loro. Sfoglio le pagine. Molti hanno iniziato ad apprezzare l’importanza delle piccole cose, di un libro letto al sole sul terrazzo, della pizza fatta in casa, dei giochi di società. Il vortice capitalista che attanagliava il mondo iniziò d'un tratto a rallentare, a guardarsi intorno, a scoprire fonti di soddisfazione alternative e impensabili fino a pochi mesi prima. C’è chi ha lavorato sodo per sviluppare un vaccino il prima possibile, una fatica immane che ha oltrepassato le becere frontiere nazionali, rendendo chiaro quanto i confini politici fossero una convenzione ormai obsoleta. Tutti si sentirono uniti dallo stesso destino, ricchi e poveri, bianchi, neri e tutte le infinite sfumature che ci sono nel mezzo sentirono di star viaggiando sulla stessa barca. Per cosa, poi? Per perdersi in un bicchier d’acqua? Roba da matti… Certo, non era proprio la stessa metaforica barca, a dir la verità: per alcuni si trattava di uno yacht approdato alle rive di Capri, per altri di una zattera traballante dispersa nel Pacifico. Eppure anche i naufraghi del Pacifico hanno tenuto duro, dimostrando un alto grado di insperata resilienza. Un gran peccato. Poi il vaccino è arrivato e in un paio d’anni la pandemia è diventata un brutto ricordo e mero materiale per i libri di storia come il mio. Ci si è subito dimenticati di tutto, come se la fine della pandemia corrispondesse inevitabilmente ad un ritorno al passato e non ad un passo verso un futuro da ripensare. Poche voci fuori dal coro hanno tentato, senza successo, di fermare il mondo mentre si avviava verso l’inesorabile china che aveva preso prima della pandemia. Eppure venne scientificamente provato che le zone più colpite dal virus erano le zone più inquinate del pianeta. Pensateci, è come se qualcuno pretendesse di vivere sul famoso yacht approdato alle rive di Capri, con un Rolex al polso e scarpe Gucci ai piedi, senza preoccuparsi dello scafo in avaria, del ponte crepato nel mezzo, mentre compra l’ultimo modello di iPhone su Amazon. Eppure si sapeva. Bastava alzare gli occhi da Amazon e guardare dalla parte giusta. Si sapeva che l’essere umano stava distruggendo da decenni il proprio habitat naturale, che sarebbe stata solo una questione di tempo, se non si fosse fatto un passo indietro. Eppure durante la pandemia tutto il mondo ha visto le immagini dell’atmosfera ripulita dai gas nocivi dopo il momentaneo blocco delle industrie. Dall’alto dello yacht hanno fatto finta di non vedere, distratti dall’iPhone appena arrivato. Il resto non ve lo racconto, saprete già tutto, le inondazioni e tutto ciò che ne derivò. È un vero peccato, perché si trattava di una delle civiltà che osservavamo con maggiore attenzione, qui da Andromeda. Ci ha dato molti spunti, prima di estinguersi, pur essendo senza dubbio una civiltà meno evoluta della nostra. E questo mi pare ovvio, visto come è andata a finire. Quale civiltà pienamente evoluta si butterebbe via così e non capirebbe di dover salvare il suo habitat per poter salvare sé stessa? Un po’ mi dispiace, però, che si siano estinti. Avevano pure inventato la Nutella.