Le cose di dopo

Il Contest del FLA2020

Sogno di convincerti che non sto sognando

di ANNA RITA SEVERINI

Martedì 10 marzo 2020
Quasi dieci anni sono trascorsi dalle mie ultime righe qui.
Perché così tanti non so.
Ma ora, questo diario è l’unico posto in cui riesco a dire qualcosa sul clima surreale che tutti ci tiene sospesi. Ora che l’Italia è la seconda nazione al mondo per numero di contagi da Coronavirus, ora che siamo diventati Paese sottoposto per intero a misure speciali, costretti dentro le mura domestiche, e ristoranti, negozi, musei, chiese, tutto è chiuso e nulla è concesso fare in compagnia, ora mi fermo a raccogliere i pensieri. E a scrivere.

Venerdì 13 marzo 2020
Da tre giorni un decreto ha disposto l’assoluto divieto di uscire. Siamo prigionieri, dunque. Le città sono luoghi spettrali. E qui, intorno a casa, regna un silenzio molto diverso da quello che ho sempre creduto di sentire nel nostro quartiere tranquillo e senza traffico.
Quello non era vero silenzio, questo sì.
Da giorni il cielo sprigiona un azzurro imbarazzante. L’inverno si è scordato di noi stavolta e ora la primavera non arriva come una novità, ci è già familiare. Ma la osserviamo da dietro le finestre.

Domenica 29 marzo 2020
Ce lo siamo ritrovato addosso, intorno, dentro, senza nemmeno poter immaginare di cosa si trattasse. Il virus che ha assalito l’intero pianeta, che insidia ognuno di noi senza pietà, si aggirerà ancora e ancora.
Stiamo facendo l’abitudine a una vita quotidiana che ci era estranea, a ritmi diluiti che allentano le tensioni, annullano le scadenze, rinviano gli impegni.
Però non è del tutto vero che le tensioni siano attenuate. Quelle di prima, forse.
Quelle di oggi sono ben altre, inoculate dai ripetuti bollettini di guerra di giornali e televisioni coi numeri dei contagiati, dei morti, dei guariti, dei casi in Lombardia, in Italia, in Spagna, in Francia, e poi negli Stati Uniti, in Sud America, in India, in Africa …
Cifre che si affastellano e si mescolano alle immagini degli ospedali, dei letti attrezzati e dei corridoi riadattati, dei malati intubati, dei medici e degli infermieri disfatti, degli esperti virologi, immunologi, epidemiologi, psicologi, dei rappresentanti del Governo, della Protezione Civile, dei Dipartimenti ospedalieri, dell’Istituto Superiore della Sanità, della BCE, della Commissione Europea, dei governi stranieri, e poi i giornalisti e gli scrittori, gli opinionisti e i personaggi dello spettacolo, le vie deserte nelle città di tutto il mondo, le file ordinate davanti ai supermercati, gli anziani dietro i vetri delle finestre, i familiari che piangono, le decine e decine di bare trasportate coi camion coperti verso la cremazione…
La tensione è rivolta anche al domani, a quando tutto questo sarà finito e dovremo guardarci. Guardare dentro di noi e guardare gli altri, guardare fuori dalle case in cui siamo rimasti asserragliati per settimane. Dovremo trovare risposte per un modo di vivere che non potrà che essere diverso.

Martedì 31 marzo 2020
Provo a stilare un inventario dei pochi rumori di stamattina: la sirena di un’ambulanza, il roteare di un elicottero sopra i nostri tetti e poi il fragore del mare mosso, avvertito quando ho dischiuso una finestra per spiare il cielo plumbeo pronto a scaricare altra pioggia, dopo quella dei giorni scorsi. Nient’altro.
Ora sappiamo che la chiusura totale durerà almeno fino a Pasqua, 12 aprile. E aspettiamo, aspettiamo con gli occhi verso il cielo sempre più plumbeo.

Sabato 25 aprile 2020
Siamo giunti quasi alle fine di aprile. Se il tempo è buono, normalmente si può organizzare una gita nei dintorni o addirittura un week-end più lontano. E oggi il cielo è limpido, l’aria asciutta e calda. Forse saremmo andati al mare, sì, saremmo andati a fare quattro chiacchiere giù allo stabilimento balneare. Avremmo confermato l’affitto dell’ombrellone per l’estate. Avremmo ascoltato da vicino il mormorio delle onde basse contro la spiaggia ancora intatta, prima di essere sconvolta dai giochi dei bambini. Avremmo cercato il rosa effimero e unico dei fiori di tamerice. Normalmente. Ma niente è normale, adesso. Normale, come quella di prima, la nostra vita non lo sarà per un bel pezzo.

Domenica 17 maggio 2020
Dal 4 maggio siamo entrati nella fase 2 dell’emergenza e da domani si potrà girare liberamente all’interno delle proprie regioni. Riapriranno ristoranti, bar, chiese e altro.
Ma un peso sul cuore rimane. Non è solo la paura del contagio. E’ piuttosto la consapevolezza che un’ombra sinistra ci accompagnerà ancora per molto, annidata troppo in profondità per essere spinta in superficie, riconosciuta e sconfitta. O che niente tornerà come prima e ciò cui andiamo incontro, noi e soprattutto i nostri figli, ci è assolutamente ignoto.
Questa pandemia viene a dirci che nulla è mai scontato, che non importa se non siamo pronti, che certe forze vanno avanti comunque e pazienza se ci travolgono.
Qualcuno, non importa chi, se noi o altri più giovani e più forti, si salverà.
Qui, la nostra esistenza, unica e irripetibile, non ha diritti di prelazione.

Lunedì 16 luglio 2040
Sogno di stringerti forte a me, cara nonna, in un abbraccio lungo. Di quelli che non hai potuto ricevere, come tanti altri anziani, prima di andartene per sempre vent’anni fa in una stanza d’ospedale.
Quando ieri ho scoperto per puro caso questi appunti in un vecchio quaderno, dentro un baule nella soffitta della tua casa vicino al mare, la tua pena di allora mi si è svelata all’improvviso. Io non ero ancora nata. Tutto mi è stato raccontato.
E ora sogno di starti vicina e parlarti sottovoce e rassicurarti.
Il virus è stato sconfitto da tempo e noi, i tuoi nipoti, viviamo in un mondo bellissimo e libero, un mondo migliore in cui tutti hanno imparato quanto valgano il rispetto e la solidarietà. Un mondo che sa come combattere la paura.
Sogno di convincerti che non sto sognando.

 

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