Le cose di dopo
Il Contest del FLA2020
Gita a Palmesia
di La ragazza calabrese
Anno 2150
Eva aveva viaggiato a bordo della sua elvox per soli sessanta minuti dall’America fino all’Europa. Erano state costruite con le rocce fuse insieme all’alluminio, erano estremamente leggere e veloci, si ricaricavano attraverso i raggi del Sole. In realtà i continenti non erano lontani come una volta ma nel corso degli anni si erano avvicinati l’uno all’altro.
Eva era seduta sul sedile posteriore, non dovette neanche preoccuparsi di guidare, aveva comunicato la destinazione e l’elvox aveva fatto il resto, dandole così la possibilità di contemplare il mondo fuori. Lo osservava attraverso i sodas che si ergevano intorno alle terre emerse. Negli ultimi cinquant’anni la concentrazione dei gas tossici era aumentata notevolmente, in particolare quella dell’anidride carbonica e anidride solforica mentre la quantità di ossigeno si era ridotta. Erano stati costruiti i sodas, enormi vetrate composte dall’ ulmas che conferiva loro una certa flessibilità e resistenza. I sodas avevano anche il compito di purificare l’aria rilasciando ossigeno. I vari continenti erano collegati da diversi cunicoli di sodas, sospesi sul mare, che permettevano all'uomo di spostarsi da una parte all’altra. Eva non conosceva il mondo passato ma ne avvertiva una forte nostalgia. Davanti a lei c’erano solo lande desolate, il mare non era più azzurro ma era rosa, a causa dei rifiuti che erano stati riversati al suo interno e il cielo che vedeva attraverso i sodas non era più azzurro ma verde.
«Siamo arrivati» disse la voce dell’elvox un attimo prima di fermarsi e far scendere Eva.
«Arrivederci» rispose Eva e per un attimo si sentì ridicola a parlare con qualcuno che non fosse un umano ma quella era la realtà di sempre e c’era abituata.
Aveva prenotato il biglietto tre anni fa e finalmente quel giorno era arrivato. Gli ingressi erano consentiti solo due volte alla settimana, per un massimo di cinquanta persone al giorno. Ad attendere i visitatori c’era un trelox simile ad un treno con una voce meccanica che avrebbe fatto da guida. Eva si sedette lungo uno degli ultimi posti, aveva voglia di immergersi in quel viaggio meraviglioso. Il trelox iniziò a muoversi lentamente mentre la voce iniziava a dare informazioni ma Eva non aveva bisogno di ascoltarla, aveva letto diversi libri e aveva fatto molte ricerche. Conosceva tutto di quel posto, voleva solo godersi quel viaggio meraviglioso all’interno del giardino di Palmesia. Era tutto ciò che restava del mondo passato, quel suo splendore sembrava quasi essere una punizione per gli esseri umani, sembrava voler ricordare loro tutto quello che avevano perso. Si estendeva nello spazio in cui una volta c’era l’Austria. Aveva una forma circolare ed era suddiviso in cinque settori come i cinque ambienti climatici che una volta esistevano sulla Terra. Il trelox iniziò a percorrere il tunnel formato dalle Ebacules Plomis, una rara pianta che produceva dei fiori gialli e viola. Eva inspirò profondamente in modo da gustare ogni singolo odore. I fiori gialli avevano un profumo acre ma non era spiacevole mentre quelli violi profumavano di cannella. Il tunnel si estendeva per tutto il giardino circondandolo. Dopo pochi metri svoltarono a destra ed entrarono nel primo settore. Era quello definito “glaciale”. Davanti a lei vide una distesa di ghiaccio che le sembrò infinita. Le avevano raccontato che un tempo sulla Terra c’erano due immense distese chiamate Artide e Antartide, che poco alla volta si erano sciolte. Eva osservò quello che era rimasto degli animali glaciali. C’erano i pinguini, l’orso polare e le foche. Eva era totalmente rapita da quello spettacolo fino a quando i suoi occhi guardarono giù, dove poté osservare la presenza di piccoli pesci che nuotavano sotto il ghiaccio. Poi i suoi occhi si posarono su qualcosa di bianco e splendente: il beluga. Scorgendolo attraverso il ghiaccio le sembrò che sorridesse. Giunsero nel secondo settore quello “boreale”, il ghiaccio aveva lasciato il posto a un’immensa distesa di alberi sparsi qua e là. C’era l’orso bruno, la piccola volpe e più in là, in lontananza lo vide in tutta la sua grandezza, il bue muschiato. Era sorprendente. Ne erano rimasti solo venti esemplari. Per la prima volta vide nel cielo un’aquila che si mostrava in tutta la sua eleganza. Eva si chiedeva come avesse fatto l’uomo del passato a distruggere tutta la bellezza della natura. Attraversarono gli altri settori: quello temperato poi quello tropicale e infine quello arido. Aveva visto il deserto e avrebbe voluto far scorrere tra le sue dita quella sabbia dorata che le ricordava lo scorrere del tempo. Il giardino di Palmesia era immenso. In esso erano conservate tutte le diverse piante e gli animali che l’uomo era riuscito a salvare, prima del disastro in cui aveva trascinato la Terra. Eva era rimasta colpita dai cavalli, dai delfini e dall’unica giraffa che era rimasta in vita. Dopo aver girato tutti i settori il trelox giunse al centro del giardino dove Eva poté scorgere per la prima volta una cascata. L’uomo era riuscito a ricrearla, ormai non ne esistevano più nel mondo. Eva osservò l’acqua trasparente e si lasciò cullare dal suo rumore.
«Potete scendere» disse la voce meccanica ed Eva non se lo fece ripetere due volte. Si tolse le scarpe, l’erba le faceva il solletico ma non era fastidioso anzi le piaceva. A piedi nudi si avvicinò al piccolo lago dove finiva la cascata. Si inginocchiò e con la mano accarezzò l’acqua. Era fredda, limpida, pulita. Immerse tutta la mano e parte del braccio. Eva stava abbracciando sua madre, la natura, quella che l’uomo del passato aveva distrutto e che lei non aveva mai conosciuto. Tutto ciò che restava di quello splendore era chiuso in quel giardino. L’uomo del passato aveva scelto per l’uomo del futuro e per questo Eva lo odiava. Senza badare agli altri, Eva immerse il suo corpo nelle acque del lago e si lasciò avvolgere da esse perdendosi in quel sogno meraviglioso.