Le cose di dopo

Il Contest del FLA2020

Il tempo di dirgli addio

di Antonblue

I tuoi piedi nudi dentro al letto.
Il brivido, quando sfioravano i miei.
Il tuo respiro, le tue ciglia disordinate, tutti i tuoi nei.
È questo che mi manca di più.
E poi il tuo sorriso beffardo, la tua barba arruffata, le tue piccole nevrosi, la tenerezza quando mi chiedevi di fare la pace.
È questo che mi manca di più.
Perché non ho avuto il tempo di dirgli addio.
A Sara avevo spiegato che un principe deve dare il buon esempio. Che era arrivato l’esercito della Strega del mare e che tu eri il soldato migliore.
La tua voce al telefono all’inizio era sembrata normale.
Le avevi detto che quel camice verde era un’armatura fatata e che nessuna spada lo poteva trapassare.
Sara ti guardava attraverso lo schermo come un bimbo sogna il regalo di Natale.
Le avevi raccontato la favola della Sirenetta che non si stancava mai di ascoltare e lei si era addormentata col suono della tua voce, senza che la dovessi consolare.
Ero salita sul terrazzo. Mi ero sporta sul parapetto e da lì ero riuscita a scorgere il profilo del mare.
Mi era tornata in mente la sera in cui mi avevi portata sulla spiaggia. Che ci eravamo distesi alla fine della riva a guardare il cielo e fantasticare. Che mi avevi detto che volevi diventare come il mare, aiutare gli altri ad avere un futuro in cui sperare. Che avevi pensato a tante strade ma che quella era l’unica in cui non sentivi la fatica di camminare.
Io avevo fissato il tuo sguardo e pensato che non sarei mai riuscita a lasciarlo andare.
Ci eravamo baciati ai piedi della risacca, dispersi nel profumo e nel rumore del mare.
Il tuo fiato lieve sulle mie orecchie.
Il brivido quando le tue labbra scivolavano sul mio collo.
È questo che mi manca di più.
E poi il cielo buio dietro il tuo profilo, la luna tra i riccioli dei tuoi capelli, la gobba del tuo naso che scostava le stelle.
È questo che mi manca di più.
Perché non ho avuto il tempo di dirgli addio.
Sono passati tre giorni dall’ultima telefonata e Sara è sempre lì ad aspettare.
Mi ha chiesto dei tuoi occhi scavati, delle tue labbra tremanti e della tua fatica a respirare.
Stasera le ho detto che ti sei trasformato in un delfino, che ti sono spuntate le branchie e che non rischi più di soffocare. Che non puoi tornare perché ora appartieni al popolo del mare.
Sara è corsa in bagno, si è distesa nella vasca e si è messa a urlare: «È stato Re Tritone! Gli ha dato quel potere perché potesse sconfiggere la Strega e poterci salvare!»
Ha chiuso gli occhi, ha agitato le gambe e si è messa a sospirare: «Mi trasformerò in una sirena, così lo potrò rincontrare.»
L’ho presa in braccio e l’ho distesa nel suo letto. Le ho cantato una nenia per farla addormentare. Sono rimasta a guardarla, nel sonno ridere e sognare.

Sono nella nostra camera adesso.
Non riesco a piangere perché non mi hai dato il tempo di vederti partire, di fissare il tuo ultimo sguardo a cui aggrapparmi per lasciarti andare.
Ora verrà il tempo in cui dovrò trovare un altro futuro in cui sperare e so che senza di te farò una fatica enorme a camminare.
Mi sono rannicchiata sul tuo lato del letto.
Non mi ero mai accorta dell’impronta del tuo corpo sul materasso.
Sento il battito del tuo cuore se mi concentro.
Lo sai? Ho capito che è il battito del tuo cuore la cosa che mi manca di più.
Spero almeno che qualcuno, al posto mio, abbia avuto il tempo di dirgli addio.

 

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