Le cose di dopo
Il Contest del FLA2020
DA ZERO A TRE ANNI
di Nicola Adami
Bene, questa cosa non mi piace molto ma va fatta. Almeno così dicono i dottori. Dicono che mi aiuterà. Insomma, quei loro grossi occhiali spessi mettono soggezione. Devo dire che quando mi hanno dato la notizia non ho reagito male. Ammettiamolo: chi non vorrebbe poter scordare tutto della propria vita, a volte? Ricominciare. Ricostruire il puzzle dopo aver mischiato i pezzi. Be', non io. Era Amanda quella a cui piacevano i puzzle, ecco perché ho detto così. Io odio i puzzle, non so nemmeno perché ne parlo. Eppure non mi sembrava ci fosse nulla di male nel dimenticarsi di quel giorno in cui mi sono svegliato con le lenzuola bagnate. E avevo dodici anni. Gli occhi di mio padre, quella mattina, mi perseguitano ancora. E l'ansia del primo appuntamento, con la bocca secca e la schiena sudata? Lei aveva un maglione azzurro. Ricordi così è molto meglio perderli, credo. Il tamponamento di quel venerdì mattina? Cazzo, meno male che l'alcool test non esisteva ancora. Tutti i cazziatoni dei miei capi, ai quali ho sempre dovuto sorridere mentre le nocche mi diventavano bianche, strette nelle tasche. E così tra qualche mese mi sveglierò e potrò ricominciare tutto. Sarò una persona che ancora non conosco. Un uomo nuovo con pensieri nuovi. Chissà se mi ricorderò di questi giorni? Viaggerò nel tempo ogni giorno, come in quel film che mi piace. Quello della macchina, col tizio che suona la chitarra. L'albo sportivo sul sedile posteriore. Quello. E finalmente dimenticherò tutto. Cazzo, se siete invidiosi. Come un puzzle coi pezzi mischiati, ecco come sarò.
Bene, questa cosa non mi piace molto ma dicono che vada fatta. O almeno così sostengono i tizi col camice, i dottori. Dicono che mi potrebbe aiutare. Con quei loro occhiali enormi sembrano… coso, mio nonno. L'altro giorno me lo hanno rispiegato e non ci ho capito molto. Il lato positivo, si dice, è che è come ricominciare. Spegnere e riaccendere. Come rifare daccapo un puzzle con gli stessi pezzi, ma ottenendo un'immagine diversa. Ho casa piena di puzzle appesi al muro eppure non mi piacciono ed è strano. Tra un po’ mi dimenticherò di quella notte sul treno, in viaggio per recuperare la salma di mio padre. Del freddo di novembre a Santiago, con la pioggia che mi entrava dentro passando dalla schiena. Delle scarpe strette il giorno del matrimonio, con gli occhi di mio suocero che mi seguivano per la sala. Lei ballava benissimo, credo. Ma che male ci dovrei vedere nel dimenticare tutto questo? E' un'opportunità. Una meravigliosa opportunità di rinascere ogni mattina. Come quel fumetto, quello con la rossa che salta via dall'acqua e rinasce e nessuno dei suoi amici la riconosce e lei non ha paura. Quello col tizio con gli occhi rossi che le dice che ha bisogno di lei come dell'aria. Ecco, quello. E chissà chi potrei essere domani mattina, allora. E, vedendomi per strada, mi riconoscereste? Mi sembra quasi di stare posando il primo pezzo del mio puzzle nuovo. Chi può sapere che colori verranno fuori?
Bene, mi costringono a fare questa cosa ma va bene così. I dottori, dico. Seri e con le sopracciglia piegate all'ingiù, quando mi parlano. Mi vedono attraverso e non si accorgono che sono solo una tessera. Nuovo. Senza ricordi di niente di importante, quindi tutto lo è, ora. Guarda il letto col lenzuolo bianco. Guarda il muro che una volta doveva essere verde. Guarda le mie mani callose e sporche d'inchiostro. Guarda gli appunti che mi hanno fatto leggere stamattina. Parlano di uno come me ma che non sono io, e non posso dirlo. Guardo lo specchio pieno di fogliettini gialli, come si chiamano, con scritte date. Cifre. Colori preferiti. Allergia alle fragole. Ma io non so che sapore hanno, le fragole. Ho riletto queste frasi tre volte stamattina, e allora continuo. Tanto per. Chi lo sa che farò oggi, chi conoscerò. Si presentano tutti con mezza voce, come se il loro nome o le loro labbra dovessero ricordarmi di qualcosa. Per non ferirli fingo di averli riconosciuti. Eh, la gente è strana. Non mi lasciano in pace, mi chiedono le cose in continuazione. E mi annoiano. Mi annoiano perché non capiscono che sono chi voglio, anzi lo capiscono. Ma non sono contenti per me. Per me, che posso scegliere che costume mettermi. Come quel film. Quello con i tizi vestiti in pelle. Che partono per distruggere l'arma del cattivo, sulla nave enorme con tutti gli animali. E poi vincono la gara di ballo e Girl, you'll be a woman, soon. E poi truccano l'incontro di boxe perché bisogna difendersi sempre, continuamente, e sono dentro un sogno che è un sogno di un sogno di un sogno di un sogno. Eh, quello. E cazzo, nessuno capisce. Lei saprebbe rimettere insieme tutte i pezzi. Sorriderebbe curvando la testa senza scoprire i denti, mettendo a posto l'ultima tessera. E cercherebbe un angolo di muro per esporre la bella immagine che sono diventato.
FINE