Le cose di dopo
Il Contest del FLA2020
La grande partenza
di Camilla Masciulli
Il giorno in cui vidi per la prima volta Interstellar al cinema piansi moltissimo. Mi emozionò terribilmente la scena in cui Matthew McConaughey riceve il video della figlia, la quale, inevitabile preda del tempo che passa, aspetta il ritorno del padre sulla Terra.
Quel giorno, soffiandomi il naso in una sala buia, non avrei mai immaginato che una sorte simile sarebbe toccata anche a me.
Oggi, 24 Febbraio 2047, il giorno del mio cinquantesimo compleanno, ho ricevuto un video di auguri da parte dei miei genitori, un video che registrarono molti anni fa, prima di lasciare il pianeta Terra nel lontano 2022. Il “mezzo secolo” è sempre stato visto come un traguardo da festeggiare, motivo per il quale scelsero questo compleanno per indirizzarmi un messaggio. Ed è proprio mentre vedo i loro volti proiettati su uno schermo e sento le loro voci risuonare nelle mie orecchie, come un’eco di un tempo lontano, che mi torna in mente quel pomeriggio al cinema, un ricordo appartenente ad una vita passata e ad un mondo che ad oggi non è più lo stesso.
Il 2022 fu un anno strano, portò enormi cambiamenti nella vita di tutti, di noi “Rimasti” e di coloro che furono costretti a partire. Il mondo stava combattendo da due anni contro una pandemia globale e stava miseramente perdendo: ospedali saturi, presidi medici che si esaurivano, fosse comuni strabordanti. Niente preannunciava una svolta favorevole nella lotta al virus. Per questo motivo, i rappresentanti politici delle potenze economiche mondiali dovettero prendere un’importante decisone: dividere la popolazione mondiale in due gruppi, coloro che sarebbero rimasti sulla Terra per portare avanti la specie umana e coloro che, invece, a causa delle minori possibilità riproduttive, sarebbero dovuti partire, nella speranza di trovare un pianeta pronto ad accoglierli. Tale evento viene ancora oggi ricordato come “La Grande partenza”.
Come è facilmente intuibile, questo provocò enormi dissensi nella popolazione, un gesto così aggressivo comportava la separazione di intere famiglie, significava costringere quella parte di popolazione ritenuta più debole ad abbandonare la propria casa e a dirigersi verso un futuro ignoto e, secondo molti, senza speranza. Nonostante ciò, dopo mesi di lotte e ribellioni, divenne inevitabile accettare questa soluzione, per permettere ad almeno una percentuale di noi di sopravvivere.
Il 31 dicembre del 2022 dalla finestra della mia camera vidi sollevarsi in cielo un’enorme nube, uno sciame di navicelle spaziali, uno spettacolo che nessuno di noi avrebbe mai dimenticato. “La Grande partenza” stava portando via la mia famiglia, i miei genitori stavano partendo per un viaggio senza ritorno. Ed io non potevo fare niente per fermarli.
Da quel giorno nessuno ebbe notizie delle navicelle partite dalla Terra. La direttiva prevedeva che la prima comunicazione sarebbe dovuta avvenire il giorno in cui avrebbero trovato un pianeta ospitale. Per giorni rimanemmo incollati ai computer nella speranza di ricevere quel primo messaggio. Ma tutto fu vano. Passarono settimane, poi mesi e, infine, anni. I “rimasti” si ammalavano sempre meno, il virus iniziava ad essere sopraffatto dalla disponibilità aumentata di cure che ricevevamo. I nostri corpi guarivano, ma le nostre anime erano sempre più tormentate da quello che avevamo fatto. Il vuoto incolmabile che dovevamo sopportare era più opprimente e disabilitante di qualunque malattia. Qual era stato il prezzo da pagare per la nostra sopravvivenza? Avevamo mandato in esilio i nostri cari, li avevamo destinati ad una morte quasi certa, per cosa? Per preservare l’esistenza dell’essere umano. Ma davvero coloro che avevano scelto la propria vita rispetto a quella delle persone che amavano potevano essere definiti “esseri umani”? Proprio a causa di questi sensi di colpa scatenati dal nostro sconfinato egoismo, i primi di noi iniziarono a cadere: molte persone preferirono togliersi la vita piuttosto che continuare a vivere con un costante senso di rimorso. D’altro canto, però, il senso di colpa era controbilanciato dal senso di responsabilità. Avevamo dovuto compiere un gesto così estremo per salvaguardare il genere umano, avevamo sacrificato le nostre famiglie per la prosecuzione della specie: dovevamo andare avanti, senza farci sopraffare dall’angoscia della situazione. Avevamo un compito e se non l’avessimo portato a termine tutto sarebbe stato inutile. E per questa ragione, altrettanti di noi “rimasti” decisero di soffocare il rimorso e proseguire con il piano prefissato: salvare la specie umana.
Dopo 25 anni la situazione è tornata apparentemente stabile. Buona parte dei “rimasti” ha l’età che avevano i loro genitori quando sono partiti e molti di noi sono diventati genitori a loro volta, come imposto dai governi, in modo da poter ripopolare il mondo.
Ogni mattina ci alziamo, prepariamo la colazione ai nostri figli, molti dei quali hanno preso i nomi dei nostri cari, e iniziamo una nuova giornata. Tutto appare tornato alla normalità: lavoro, casa, famiglia, viaggi. Ma in realtà nessuno di noi è più lo stesso dopo quel fantomatico 31 dicembre.
È stata anche istituita una giornata mondiale per ricordare l’accaduto, ma si cerca di non parlarne spesso. È ancora troppo doloroso ricordare quello che c’è stato prima della “Grande partenza”.
Mentre soffio le mie cinquanta candeline in una fredda mattina di febbraio, ancora con gli occhi lucidi per il video appena visto, l’unico desiderio che mi sento di esprimere è che i miei figli non siano mai costretti a dover vivere quello che abbiamo vissuto noi. Il passato è fatto per essere ricordato e per permetterci di non compiere più gli stessi errori, il futuro per spingerci ad essere delle persone migliori.