Le cose di dopo

Il Contest del FLA2020

Il sacchetto

di Assunta Di Cintio

Il sacchetto
È strano come il parlare e il raccontare i fatti propri possa riportare lentamente alla memoria avvenimenti trascurati e riordinarli.
Sono davanti allo spiologo (psicologo, corregge Rosa) per un colloquio, ho preso appuntamento, me l’ha consigliato Rosa, altrimenti, secondo lei, rischio d’impazzire ed è l’unico modo per scoprire la verità. Rifletto che ho ottant’anni poco più, ma non lo dico. Me ne danno sessanta e non smentisco mai, altrimenti mi compatiscono. Mi costringono a rinunciare alla libertà, mentre io vivo sola in un appartamentino vicino al mare, lasciato da mio marito buonanima, che Dio l’abbia in gloria. Percepisco una modesta pensione, tra reversibilità e l’aver lavorato una vita in un laboratorio a cucire pellicce. Le ho cucite ma indossate solo per prova, non potevo permettermelo. Con questa miseria devo sopravvivere un mese e di rado riesco a mettere qualche spicciolo da parte. Non ho molte esigenze, mangio poco, ho una linea da fare invidia a un’indossatrice. Sono accessoriata di occhi azzurri e capelli biondi naturali, le bionde scoloriscono ma non imbiancano, ravvivo i capelli, da sola, con uno shampoo colorato. Mi vesto con poco, tengo tutto da conto, guardaroba stile anni ‘50, oggi perfettamente in. Ma su di me qualsiasi straccio fa tendenza e sono bravissima nel rattoppo invisibile, appreso nell’addestramento da sarta.
Rosa ha detto che lo spiologo mi costerà poco, lo spero. La mia amica abita al piano di sotto, è molto brava, vedova come me e indovina, infatti, è stata lei a fiutare l’imbroglio.
Comincio a guardarmi intorno mentre parlo. L’ufficio è, come si dice oggi, essenziale, arredato con pochi oggetti, l’unica cosa che distrae l’occhio è un quadro con un mare burrascoso. Lo spiologo mi fa domande e chiede chiarimenti sul mio racconto che man mano si delinea sempre più nitido nella mia mente confusa.
Sento la voce dello spiologo che mi congeda, mi dà appuntamento per lunedì prossimo e dice fissandomi:
“Sono venti euro.”
“Pago adesso o la prossima volta?”
“È la regola dell’ufficio, prezzi modici ma pagamento subito e contante.”
Apro la borsetta e consegno i due biglietti da dieci con noncuranza. E penso che con queste fanno seicentoquaranta, perché la mia disgrazia è stata quella di perdere ben dodici pezzi da cinquanta euro e due da dieci. La pensione di un mese.
Prende i soldi e mi rilascia la ricevuta estraendo il blocchetto dal cassetto della scrivania.
“Grazie!” Farfuglio. Prendo la ricevuta, per curiosità controllo l’importo, venti euro. Eccezionale! Di solito non mi consegnano lo scontrino oppure l’importo è dimagrito. Meglio non divagare. Saluto ed esco.
Il cervello è in moto, la sua carburazione perfetta, aveva bisogno di un punto di partenza e di una brusca accelerazione.
I soldi faticosamente messi da parte non li verso in banca, anche lì mi hanno truffata. Ma questa è un’altra storia.
Conservo i soldi, come nell’uso paesano, in un sacchetto di stoffa legato al reggiseno. Penso di averlo perso andando a messa, è lì che me ne accorgo, tastandomi al: “…Mia colpa…”
Esco, percorro la strada a ritroso millimetro per millimetro. La strada è frequentata solo dai condomini.
L’ho cercato anche a casa, niente.
La settimana dopo, ancora abbattuta, vado al paese, è la festa del patrono, ospite di Anna, mia sorella.
Anna mi chiede con insistenza la chiave di casa a Pescara per andarci con la figlia, una nostra nipote e due loro amici. Hanno intenzione di andare insieme a fare spese in città per i saldi e a godersi qualche giorno di mare, mentre io resto qui. Alle preghiere di Anna non so resistere.
La sera stessa del loro arrivo Anna mi racconta al telefono che i ragazzi sono andati in spiaggia e che nel pomeriggio, quello stesso, tornando da messa ha trovato il mio sacchetto vuoto, per strada, vicino al cassonetto.
La notizia mi spinge a ripartire all'istante, mi ospita Rosa perché casa mia è occupata e, parlando, scopro che il giorno della mia partenza c’è stato un diluvio mostruoso, come sempre a ogni pioggia, che ha allagato tutto con fango e rifiuti del vicino cantiere.
E allora, come ha fatto il sacchetto a restare intatto per giorni vicino al cassonetto?
Per questo Rosa mi ha consigliato lo spiologo, per fare chiarezza.

Ho capito, non ci spendo più soldi, il sacchetto mi è scivolato in casa, uno degli ospiti l’ha trovato e preso, poi si è liberato del sacchetto vicino al cassonetto andando al mare, per avallare i fatti noti. Avevo raccontato a Anna che i soldi li avevo persi per strada.
E adesso come faccio a scoprire chi è stato?
Credo di sapere anche il posto dove mi è caduto il sacchetto: il bagno. È uno di quei bagni di condominio senza finestre, solo con l’aspiratore. Per entrarci bisogna accendere la luce e forse questo è il motivo che non mi ha permesso di vedere il sacchetto dietro il water, unico posto dove non ricordo di aver esplorato e che la mia miopia mi impedisce di mettere a fuoco. Non portare gli occhiali è un vezzo che costa caro.
Sarà stato uno dei due ragazzi allora.
Le ragazze no, non sono state loro. Ma non perché sono le mie nipoti, se fosse capitato a loro non si sarebbero lasciate scappare l'occasione. Sono innocenti per anatomia. Non fanno pipì in piedi fissando il water!
Intanto entro nel mio appartamento, ci sono bagagli pronti e buste piene di oggetti e borse dei migliori negozi.
Mentre scambio le chiavi con Anna le sussurro d’indagare, ma lei garantisce per tutti e dice stizzita che farnetico.
“Il sacchetto l’hai perso e si sarà asciugato.”
Ma non liberato dai soldi e dal fango, penso!
La tavola è apparecchiata a festa, un ragazzo ai fornelli sta scolando la pasta e l’altro sta affettando il pane. Mentre poggio le mie cose, sono circondata dalle nipoti che mi abbracciano.
“Dai, zia siediti che mangiamo. Mamma, dai, mettiti qui, poi ripartiamo, sono finite le ferie.”

 

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