Le cose di dopo

Il Contest del FLA2020

Punto di rottura

di Julie Deu

Suona la sveglia.
‘Buongiorno! Sono le sette e vi regaliamo una splendida canzone per iniziare al meglio la vostra giornata...’ Le note musicali cominciano a riempire la mia stanza e so che un altro giorno sta iniziando. La spengo prima che mi scoppi la testa. Forse dovrei cambiare sveglia. Magari un giorno.
Scosto le coperte e scendo dal letto in uno stato comatoso, neanche fossi reduce da un rave party durato cinque giorni. Uno sbadiglio, inforco gli occhiali, una stropicciata di occhi e metto un passo dietro l’altro per arrivare alla macchinetta del caffè. Quasi mi basta guardarla per far scendere il liquido scuro e profumato nella mia solita tazza.
Due occhi mi guardano dal basso e non posso fare finta di nulla. Lilly chiama e non posso non rispondere. Anche lei ha bisogno della sua dose d’energia, non basta il profumo di caffè.
Un due tre, versiamo il caffè e diamo da mangiare alla piccola palla di pelo che mi tiene compagnia in queste quattro mura che bastano per noi e nient’altro.
Apro la porta del bagno e mi guardo allo specchio. I capelli arruffati, gli occhi già un po’ più aperti. Ci siamo quasi.
Acqua fredda, una spazzolata, lavo i denti. Cambio la maglia del pigiama e raggiungo la mia postazione. Sono quasi le otto e si comincia a lavorare.
Solito posto: una scrivania, una sedia e il computer sono tutto quello di cui ho bisogno. L’ordine non fa parte di me e va bene così. Fogli sparsi, libri aperti e matite popolano il mio piccolo mondo.
Le ore passano a suon di battute. Una parola dopo l’altra compare sullo schermo.
Controlla questo, controlla quello.
Scrivi questo, scrivi quello.
Sono le dodici e ancora non una singola parola è uscita dalla mia bocca. Continuo a battere sulla tastiera. La musica mi tiene compagnia. Le parole si rincorrono e i miei occhi rimangono impassibili di fronte a questo balletto. Ogni tanto mi sistemo gli occhiali sul naso e do una carezza al batuffolo che si accoccola puntualmente sulle gambe, mi riscalda.
La luce entra in casa dalle imposte, ma quasi non ci faccio caso. Il fuori sembra così lontano che non mi importa avere un piccolo insignificante assaggio.
Ogni tanto mi alzo per sgranchire le gambe, faccio un giro in tondo, passo per il bagno e la cucina. Ma dimentico di pranzare. Il lavoro è più importante.
Pausa bagno, sigaretta alla finestra.
Un suono mi interrompe. Lilly si posiziona davanti la porta di casa e so che è arrivato il momento della settimana che entrambe aspettiamo con ansia. La spesa!
Le buste arrivano direttamente tramite l’ascensore: minimo sforzo richiesto. Esco sul pianerottolo e mi accoglie un silenzio assordante. Durante la giornata non c’è mai nessuno. Non una parola, non una porta sbattuta. L’unico rumore è il “cling” che precede l’arrivo del mio cibo.
Sistemo il tutto nella mia micro-cucina e già penso alla cena, almeno quella è sacra.
Sono le otto e spengo tutto. L’unica cosa che rimane accesa è la mia testa, che non smette mai di frullare. Le sue amiche: una penna e un’agenda. Lì c’è tutto.
Mangio io, la gatta pulisce la sua ciotola.
Il divano ci aspetta.
Pelosetta a portata di mano, libro aperto e buonanotte.
Ah, no.
Un vocio mi insospettisce.
Chi sarà? Chi va in giro? Viene veramente da fuori o è nella mia testa? Non può essere.
Aspetto che passi, ma diventa sempre più forte. Sempre più vicino. Sono veramente persone che parlano, addirittura ridono. E io che ho dimenticato un sorriso, come faccio a ricordare il suono di una risata?
La finestra mi attira e non riesco a fare a meno di alzarmi. Accosto l’orecchio e cerco di capire, incuriosita. Vorrei vedere, ma non ho il coraggio di aprire i battenti.
Il vociare si fa più distinto, le risate cristalline.
La mia mano si muove in automatico, sgancia la sicurezza e comincio a intravedere il mondo di fuori. Oltre i palazzi, più in alto, la luna splende e le stelle sembrano seguirla. La mia attenzione però è ancora una volta tutta per le calde risate, i passi pesanti, piedi che volano sull’asfalto e si rincorrono. Ballano, scalciano.
Guardo in basso.
Ragazzini scalpitanti, scarpe da ginnastica ai piedi e tanta voglia di andare. Ma dove correte?
Un fiume di gente. La stessa che quasi non ricordo più com’è fatta. Le mie labbra cominciano a piegarsi in su e un sorriso stravolge il mio volto. Avevo dimenticato. Avevo dimenticato tutto!
Forse è arrivato il momento di aprire le finestre, far entrare la luce e uscire, perché tutto sta andando bene. Ora sta succedendo per davvero.
L’aria fresca della sera entra dalla finestra ormai aperta, mi metto sul divano e copro le gambe con una leggera copertina. Lilly è sempre con me, ma stasera c’è qualcosa di diverso, una nuova consapevolezza. Stasera posso addormentarmi sentendo sulla pelle i raggi del sole che la riscaldano, il vento che scompiglia i capelli. Ricordi sulla pelle, brividi.
Questa giornata finisce con me sotto le coperte, il naso sepolto nel solito libro, sola nel letto a pensare che domani non è così lontano e che fuori c’è un mondo da vivere.

 

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