Le cose di dopo
Il Contest del FLA2020
Tornare a respirare
di Chiara
“Buonanotte Em, fai buon viaggio.”
“A domani. Ti amo!”
“Anch’io.”
Si dettero un bacio a stampo, poi Emma rivolse un cenno di saluto allo schermo, spense il tablet e tornò in camera. Era agitata: il giorno dopo sarebbe partita per la Sardegna. Lavorava per una famosa rivista di moda di Milano e le era stato assegnato un servizio importante che richiedeva eccezionalmente la sua presenza sul campo. Ormai non ricordava nemmeno più l’ultima volta che era uscita di casa. Da quando, 20 anni prima, l’epidemia di Crovak aveva rivoluzionato il mondo intero, anche la sua vita era cambiata radicalmente. A volte le capitava di fantasticare su come sarebbe stato poter abbracciare Sam. Non sapeva più cosa volesse dire toccare qualcuno, ma ogni tanto certi ricordi, certe sensazioni passate, riaffioravano improvvisamente, travolgendola. Non era stato facile per nessuno, 20 anni prima. Emma aveva solo 17 anni allora, ma ricordava benissimo cos’era successo nel 2030, i suoi genitori glielo avevano raccontato almeno un miliardo di volte e i ragazzini lo studiavano a scuola: una terribile epidemia si era diffusa nel mondo intero e aveva messo in ginocchio l’economia e il sistema sanitario mondiali. 40 milioni di vittime in 3 anni. In migliaia avevano cercato di trovare una cura, ma niente si era rivelato veramente efficace. Alla fine, si era stati costretti a rivoluzionare tutto: vita, abitudini, modo di pensare. Ormai da 20 anni ogni contatto umano era categoricamente vietato, così come ogni occasione di ritrovo. Non era permesso lasciare la propria abitazione se non per fare passeggiate negli orari prestabiliti, sempre indossando un apposito casco protettivo. Non esistevano più negozi fisici, tutto era acquistabile online. Gran parte della popolazione lavorava dal proprio ufficio casalingo mentre chi era costretto a uscire fuori di casa lo faceva in assoluta sicurezza, sempre grazie ai caschi protettivi. Erano stati creati apparecchi elettronici per tutti i gusti e gli usi: il Cinepad per gustare comodamente i propri film preferiti dal divano, il Concertpad per assistere in streaming ai concerti, il Theaterpad per gli spettacoli teatrali, il Gympad per restare sempre collegati con la propria palestra di fiducia. Erano stati inoltre messi a punto dei robot manovrati da ex professionisti del mestiere così che, ad esempio, per andare dal parrucchiere non si doveva far altro che ordinare il servizio online e all’orario scelto sarebbe arrivato direttamente a casa un robot pronto a farci la messa in piega, controllato da un parrucchiere in carne e ossa che svolgeva il proprio lavoro comodamente da casa. Era tutto estremamente semplice. Anche vedere il proprio fidanzato o incontrare gli amici era più facile: non c’era bisogno di spostarsi, bastava fissare un incontro e le loro facce sarebbero comparse dal tablet sotto forma di ologrammi. I contatti non erano più permessi nemmeno all’interno della propria famiglia: ogni stanza era rivestita con appositi pannelli, entrate e uscite erano ben separate così che non ci fosse modo di scontrarsi. Certo, era più difficile conoscere gente. Per questo erano stati creati luoghi virtuali di incontro dove le persone potevano interagire, fare una bevuta insieme o guardare lo stesso film. All’inizio non era stato semplice, ma quella ormai era la nuova normalità. Inizialmente il problema maggiore era stato tenere le persone lontane dai propri cari. Per far funzionare al meglio le cose, tutte le coppie non ancora conviventi erano state divise e dislocate sul territorio, così da ridurre al minimo la tentazione di incontrarsi trasgredendo le regole. In più, ormai da molti anni era il governo a scegliere le coppie, grazie a un sistema basato su un apposito algoritmo che combinava le persone desiderose di trovare un compagno o una compagna. Bastava registrarsi e compilare un questionario per essere assegnati al proprio match ideale. Emma ricordava la sua vita di 20 anni fa come un sogno sfumato, ma l’immagine di Adam era ancora vivida. Quando il Crovak era arrivato, i due stavano insieme già da 4 anni. Appena il virus aveva iniziato a mietere così tante vittime da costringere il governo a ricorrere a provvedimenti drastici, Adam e la sua famiglia erano stati dislocati a 800 km di distanza da Emma, in Sardegna. Alle coppie dislocate non era permesso mantenere alcun tipo di contatto. Così Emma aveva perso quello che, era sicura, sarebbe stato per sempre l’unico grande amore della sua vita. I controlli del governo erano strettissimi: ogni persona aveva un apposito tablet al quale il governo aveva accesso continuo e diretto. Soltanto i pensieri potevano correre liberi, e nonostante la presenza di Sam, la mente di Emma tornava spesso ad Adam. Chissà cosa stava facendo, se si era riaccompagnato, se era felice. Il sabato Emma partì per la Sardegna. Viaggiare era così strano. Furono due giorni intensi di lavoro in giro per Sassari. Era bello poter parlare di nuovo faccia a faccia con le persone, nonostante i caschi. La sera prima di ripartire, Emma si trovò a camminare in un quartiere pieno di palazzoni altissimi, color grigio plumbeo. C’erano pochissime persone in giro. Appena svoltato l’angolo, Emma si trovò davanti un ragazzo alto, slanciato, dai capelli castani. Gli occhi di un verde così intenso che sembravano brillare anche attraverso il casco. Emma impietrì, la bocca leggermente aperta, gli occhi spalancati. Non c’erano dubbi. Non avrebbe mai potuto sbagliarsi. Era Adam. Anche lui si immobilizzò all’istante. Poi, improvvisamente, la sua bocca si aprì in un sorriso e in una frazione di secondo attraversò il confine della corsia facendo scattare l’allarme di sicurezza, si tolse il casco e allungò una mano verso Emma. Non avevano bisogno di voltarsi per sapere che tutti li stavano osservando. L’allarme intanto continuava a suonare, assordante. Emma si tolse il casco a sua volta, gettò le braccia al collo di Adam e lo baciò, e le sembrò finalmente di tornare a respirare.