Le cose di dopo
Il Contest del FLA2020
PIACERE, MI PRESENTO
di Ambra Proto
Camminavo lentamente tra le macerie del mondo, in quella strada buia piena di visi corrucciati, di mani che non si stringono più, di lacrime che scrivono storie bloccate a metà. Nel tempo del disincanto e della gioia fortuita, in un mondo colmo di violenza gratuita che non sa dare risposte, ma che fa troppe domande.
Passeggiavo chiedendomi cosa sarebbe successo se un giorno anch’io fossi rimasta chiusa per sempre nella casa del cuore, in una sorta di lock-down emozionale.
Quanti sguardi stanchi e quante occhiaie ho incrociato; non ho più visto né labbra né sorrisi, ma ho dato del buon cibo agli occhi fradici di tristezza e ho scaldato le mani a chi non può intrecciare le dita di chi ama.
Mi sono svegliata di notte, durante gli incubi peggiori e ho accompagnato le guance sui cuscini, verso sogni nuovi e, nel bel mezzo di notizie troppo veloci, ho rallentato il tempo. Ho cercato di non far voltare gli occhi altrove e di addormentare gli sguardi su immagini bellissime, come quadri di musei non ancora conosciuti.
Al mattino ho preparato il caffè e ho cercato di svegliare l’amore nelle notti solitarie, di chi è rimasto senza fianchi da stringere. E quell’amore l’ho fatto fare, anche se il freddo nell’anima era troppo forte; un po’ di calore io l’ho regalato senza chiedere nulla in cambio.
Ricordo l’euforia e poi la fine. Quel treno interminabile pieno di notizie che si susseguivano troppo velocemente, tutte dello stesso colore che faceva male agli occhi, di quel nero che non snelliva più i pensieri come i fianchi di una donna, ma che ingrossava il dolore come fosse un mare in piena.
Per me non c’era più alcun posto? Così per cavalcare la cresta dell’onda, mi sono iscritta ad un corso di meditazione e nel frattempo ho consigliato l’iscrizione ad un corso di Yoga, ma non ha funzionato.
L’effetto placebo degli aiuti dei tempi moderni, somiglia alla corsa agli ultimi oggetti durante il black friday: inutile e dal risultato rapido e solo momentaneo. Così ho cantato una ninna nanna, perché forse i sogni d’oro avrebbero portato a consapevolezze nuove, ma non è sempre andata come credevo. Non ci sono stati bei sogni in ogni notte e spesso era l’insonnia ad avere la meglio. La paura sapeva stringere fin troppo bene la mano dell’iniquità e quante volte son tornata a casa piena di lividi, dopo una lotta colpo a colpo con le bruttezze del mondo.
Vi chiederete se ho vinto; questo non lo so.
Quant’è difficile per me, sopravvivere al giorno d’oggi! Eppure a volte ripenso a quando un’anziana e bellissima signora mi disse: «Le persone si lamentano solo perché non hanno vissuto durante la guerra!» e rifletto.
C’è chi mi ha barattata con l’apatia e c’è chi mi ha buttata nel primo cassonetto sporco, per comprare un po’ di sfiducia al 50% e poi, come se non bastasse, la stessa l’ha regalata a chi non lo meritava tutto quello sconforto.
E così ripenso a quella signora e sorrido; anche questa è una guerra, solo che non tutti vogliono uscirne. C’è chi preferisce combattere solo per il solo gusto di uccidere i sogni altrui, frustrato di non aver realizzato i propri. C’è chi vorrebbe solo sventolare dal balcone del cuore, una bandiera bianca e dire basta. C’è chi nella guerra sta bene, perché non ha conosciuto altro. Chi sta male e non sa come uscirne. Chi si addolora e chi non si accontenta della mediocrità per andare oltre la barriera del disincanto.
Io non sono fatta per le persone perfette.
Mi piacciono le persone genuine, quelle che quando le guardi ti sorridono con le rughe d'espressione ai bordi degli occhi, quelle che quando ti parlano hanno la voce spezzata dagli sbagli, dai desideri nascosti sotto strati di pensieri incompleti. Io mi addormento tra le lenzuola di quei pensieri e gli do la forza per risvegliarsi dal sonno dell’impossibile.
La verità è che non c’è onda del mare che non incontri scogli lungo il proprio percorso e che, se ha la fortuna di nascere nell’oceano, potrebbe soffocare sopraffatta dal petrolio. Io ascolto i desideri del vento e anche quando urta contro le pareti delle montagne più alte del mondo, lo prendo per mano e lo faccio girare intorno a quelle rocce, gli faccio prendere la rincorsa per saltare al di là.
Vorrei abbracciare il mondo intero e supplicarlo di ridarmi la fiducia che ha perso nei miei confronti. Mi chiedo dove ho sbagliato e perché sono sempre così bistrattata, come se fossi un vecchio relitto insignificante, che ha promesso di riuscire a solcare mille mari, ma che alla fine si è arenato fallendo.
Io non sono una vecchia nave malandata e ferma, io ci sono sempre.
Ecco, io sono dove c’è il coraggio.
Ho fatto sì che scomparissero i confini. Ho aperto le porte di fronte a distese immense e ho dato un po’ di forza a chi pensava di non riuscire ad arrivare a percorrerle tutte. Ho cancellato la parola “limite”, ho scritto “orizzonte” e poi quella linea immaginaria, l’ho superata.
E allora adesso posso dire di sì: io ho vinto. Resterò nel domani, in quella che chiamo eternità; nel nome che un cuore deciderà di darmi, fianco a fianco di un altro sogno che scriverà parte del divenire. Sono l’unica cosa di dopo che non si può eliminare, perché anche se cercheranno di soffocarmi, respirerò attraverso il cappio del dolore.
Non mi sono presentata, mi scuso per la dimenticanza: piacere io sono Speranza. Abito nella stanza del cuore chiusa con più attenzione. Sono seduta sulla sedia al tuo fianco e ceno ogni sera al tuo stesso tavolo. Ti ascolto quando sei stanco e non resisti più. Ti porto a guardare il mondo dalla vetta della montagna più alta quando sei a terra e ti faccio ascoltare il suono delle onde, quando non riesci più a sfuggire ai pensieri.
Ti accarezzo di notte mentre dormi e sono la tua sveglia al mattino.
Sono una “cosa di dopo”, una cosa di tutti.
Ora però chiudi gli occhi e sogna…Buonanotte.