Le cose di dopo

Il Contest del FLA2020

Come era prima

di Francesca Capocci

Le 08:00 del mattino. La sveglia suona puntuale come sempre, come ogni giorno. Però oggi non è come tutti gli altri giorni da un po' di tempo a questa parte. Oggi è un giorno speciale, il giorno che segna la fine di questo periodo in cui la vita si è fermata o meglio ha preso una piega inaspettata. Oggi è il giorno della liberta, il giorno in cui tutto torna a come era prima. Ma cosa significa "come era prima"? Com'era prima? Sinceramente non lo ricordo più. Il prima mi sembra un ricordo così lontano. Il prima in cui tutto era permesso, il prima in cui viaggiare non era un problema, il prima in cui tutto mi sembrava scontato anche un abbraccio, ecco questo prima mi sembra così lontano, come se non fosse mai esistito. Spengo la sveglia del mio cellulare che avevo lasciato suonare per un po' presa dai miei pensieri. Mi alzo come sempre, faccio colazione e accendo la tv. In questi mesi ho preso l'abitudine di accendere la tv ogni mattina per sentire quello che avrei potuto fare e quello che non avrei potuto fare, per sentire quanti erano i morti e se la curva del contagio era diminuita o meno. Invece questa mattina non si parla di pandemia, non si parla di morti non si parla di curva di contagio. Com'è strano non sentire quelle parole e quei discorsi che in questi mesi avevano riempito le mie giornate. Dopo aver fatto colazione mi metto davanti al computer come tutti i giorni per fare le mie ricerche e continuare a scrivere quel maledetto capitolo della tesi che non mi fa dormire. Apro la casella di posta e noto subito un E-Mail tra le tante pubblicità. E' un E-Mail del mio professore in Germania. La apro sicura che si tratti dell'ennesima E-Mail per organizzare con il collegio dottorale il prossimo incontro su Skype, ma appena inizio a leggere le prime righe capisco che l' E-Mail riguarda si il nostro prossimo incontro, ma che questa volta la parola Skype non è presente da nessuna parte, ma che invece è un'invito a partecipare alla prossima riunione in presenza!. In presenza! Da quanto non sentivo questa parola, presenza. Presenza viene dal latina presentia che vuol dire presente e il significato di presenza secondo il vocabolario Treccani è " Il fatto di essere presente in un determinato luogo, o di intervenire, di assistere a qualche cosa" o ancora "che egli cioè si trovi nel luogo dove mi trovo io". Mai questa parola è stata più bella, perché questo vuol dire che finalmente avrei potuto partecipare a qualcosa in cui fisicamente sarei stata presente, di trovarmi in un luogo con un "egli " indefinito nel vocabolario Treccani, ma che per me è tutt'altro che indefinito. Quell'egli rappresenta il mio professore, anzi i miei professori, gli altri ragazzi dottorandi come me, la mia compagnia di viaggio Flavia e quel luogo in cui posso essere presente è la Germania che tanto ho sognato e immaginato di riabbracciare. Tutto questo mi invade di una gioia non misurabile come non lo sarà più la distanza che in questi mesi ho dovuto mantenere con la mia famiglia, i miei amici e il mio fidanzato. La lettura dell' E-Mail mi aveva messo un'agitazione mista a un senso di impazienza e così decisi di cambiarmi e di scendere in strada per vedere il mondo di prima. Decisi di indossare non la solita tuta che ormai in questi mesi era diventata una seconda pelle per me, ma il mio vestito preferito quello nero con delle macchie arancioni lungo fino ai polpacci e gli stivaletti con il tacco arancione che giacevano ormai dimenticati nella scarpiera. Mi truccai e indossai il mio capotto arancione, quello che mi era stato regalato per il mio compleanno. Prima di uscire guardai nella cassetta delle chiavi appesa al muro: tra le chiavi di casa e le chiavi della macchina c'era la mia mascherina, quella che la mamma di Luca mi aveva cucito. La guardai per qualche secondo con la mano destra sospesa, indecisa su cosa afferrare. Con uno scatto presi le chiavi lasciando la mascherina bianca là appesa e chiusi la porta. Correndo scesi le scale spalancai il portone e la prima cosa che notai erano le facce delle persone che camminavano per la strada. Finalmente potevo vedere il loro viso, i loro tratti somatici, le loro espressioni! Per troppo tempo avevo immaginato come erano fatte quelle persone che incontravo al supermercato, per la strada e se per caso quella persona che vedevo da lontano era qualcuno che conoscevo o no. Ancora incredula e quasi spaventata dal mondo di prima mi misi in macchina. La accesi. La macchina segnava il pieno da chissà quanti giorni ormai. La misi in moto e iniziai a guidare senza una meta ben precisa. Mi diressi verso il lungo mare. Continuai a guidare sempre dritto, passai Francavilla, passai Ortona, passai San Vito fino ad arrivare a Vasto. Quei confini che fino a poco tempo fa mi sembravano invalicabili erano caduti. Anche se non c'era mai stato un muro fisico come quello di Berlino nella mia mente si erano creati tanti confini immaginari, tante barriere che oggi non si sgretolavano piano piano ma esplodevano formando tanti fuochi d'artificio. Dopo essermi fermata a Vasto e aver preso un caffè seduta ad un bar -seduta ad un bar, ah che bella frase! - decisi che era ora di fare l'ultimo passo verso la libertà, quel passo che avrebbe eliminato l'ultima barriera ancora esistente nella mia testa. Ripresi la macchina che stavolta non segnava più il pieno e guidai fino ad Ortona. Eccitata mi fermai di fronte la casa di Giulia. Nel giardino erano spuntate delle rose rosse e l'albero di limoni era pieno di quelle palline gialle che mettevano allegria. Suonai il campanello. Giulia ci mise un po' ad aprire -forse stava ancora dormendo- pensai. Quando la vidi di fronte a me capì che era arrivata l'ora di far esplodere l'ultima barriera, l'ultimo confine che questo nuovo mondo aveva cucito in me così profondamente, come quei chip gps che si iniettano nei cani . Ma adesso era arrivato il momento di disfarsi di quel chip, di espellerlo completamento. Mi tuffai su di lei abbracciandola così forte che avrei potuto quasi ucciderla. In quell'abbraccio c'era tutta la mia voglia di tornare a quel mondo di prima, al mondo vero.

 

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