Le cose di dopo
Il Contest del FLA2020
Andrà tutto bene
di André D'Alessandro
Apro gli occhi e prendo in mano il telefono, sono le 10.34 di mattina. Mi alzo di scatto, sono in ritardo per il lavoro. Corro ad accendere il pc nello studio che da qualche anno è diventato il mio ufficio e solo in quel momento mi rendo conto che è un giorno di festa. Una festa nazionale nuova, diversa dalle altre. Si tratta della giornata della memoria per le vittime del Covid.
Tutto è iniziato alla fine del 2019, un’influenza di origine ancora oggi non definita, chi dice creata in laboratorio chi nata naturalmente. Con una trasmissione da uomo a uomo mai vista prima, aveva fatto la sua prima comparsa in Cina. Nel giro di pochi mesi il mondo è stato infettato da questa influenza che, nei casi peggiori, diventava una forte polmonite portando alla morte.
In quel periodo ero un quasi trentenne e vivevo la mia vita al 110%. Viaggi, feste, amici. Mi manca molto quella vita anche se dopo tutto questo tempo i ricordi iniziano a sbiadire.
Una settimana prima del primo lockdown, parola che quasi nessuno conosceva ma che è entrata nel giro di poco nel nostro linguaggio quotidiano, ero stato a Parigi con i miei per festeggiare il compleanno di Carla. Quello è stato il mio ultimo viaggio.
Dopo aver appurato che non avrei lavorato quel martedì, con il cuore che andava ancora a mille, mi sono calmato e sono andato a fare colazione. Ho fissato per un po’ i ripiani quasi deserti del mio frigo e mi sono ricordato che il mio giorno per la spesa era fissato per venerdì. Con un po’ di organizzazione non sarei morto di fame. Nonostante tutta la ricerca e i vaccini creati, viviamo ancora con l’incubo del Covid. Il virus ha una strana conformazione e ogni volta che trovano un vaccino riesce a modificarsi e a diventare più aggressivo, facendo ripartire da capo gli studi. E noi come esseri umani avvezzi all'adattamento, ci siamo adattati a lui. Fino al 2020 eravamo liberi di fare quello che volevamo, oggi possiamo fare tutto quello che vogliamo stando in casa e uscendo una volta ogni due settimane in base al calendario inviato dal comune.
Le scuole sono diventate totalmente online, il lavoro da casa è ormai consuetudine e sono poche le aziende rimaste aperte ai dipendenti. Unica eccezione per gli operai, loro possono uscire di casa ogni giorno ma solo per andare in fabbrica, coperti da tute che il governo fornisce loro. Sembrano degli astronauti.
Mentre bevo il caffè mando un messaggio di buongiorno alla mia ragazza, stiamo insieme da un anno e mezzo e ci siamo conosciuti in un portale del governo nato per agevolare le conoscenze e creare coppie. Non esistendo più ristoranti, bar e discoteche, è l’unico modo che abbiamo per conoscere altre persone.
Francesca mi ha colpito subito mentre scorrevo le ragazze in quel sito per la sua biografia nostalgica e allo stesso tempo irriverente. Parlava del passato, della sua vita precedente, in un modo meno triste di quanto avessi fatto io, e questo mi ha naturalmente attirato verso di lei. Ci siamo visti dal vivo per la prima dopo 4 mesi di conoscenza virtuale. Secondo le regole del Governo potevamo incontrarci presso uno dei centri adibiti a centri di incontri, questi spazi super asettici pieni di cabine plexiglass dove le persone si incontravano senza potersi toccare. Come se fossimo tutti dei carcerati. Lei era bellissima quel giorno, lunghi capelli rossi, occhi verdi pieni di vita e una parlantina che mi ha fatto innamorare subito.
Dopo quell'incontro ci siamo visti altre volte, sempre lì al centro e ho capito di piacerle davvero anche io. Se tutto procede come sta andando, tra 6 mesi lei potrà venire a vivere qui con me. Abbiamo già fatto la richiesta, stiamo facendo entrambi gli esami medici necessari per avere il via libera al nostro incontro vero e speriamo entrambi succeda presto. Francesca verrà a vivere da me, ho la casa più grande della sua e al giorno d’oggi è importante fare questa valutazione visto che la casa è tutto il nostro mondo.
Buongiorno amore! Mi arriva la sua risposta e io sorrido mentre giro lo zucchero nel caffè. Per svegliarmi stamattina ho fatto la moka da sei e me la sto bevendo tutta. Le racconto del mio risveglio e lei mi prende in giro. Non vedo l’ora sia qui, non vedo l’ora di poter toccare e parlare con un’altra persona che non sia me stesso allo specchio. I mei genitori fanno parte di quel 67% della popolazione mondiale che ci ha lasciati. Se ne sono andati entrambi nel giro di due settimane. Ancora oggi non so spiegarmi come sia potuto succedere. Si erano chiusi in casa da subito e rispettavano tutte le regole di sicurezza, ma il Covid arriva ovunque, quando meno te lo aspetti.
Seduto al tavolino in cucina, con la tazza piena di caffè in una mano e il cellulare nell'altra, faccio quella cosa che non facevo da tempo perché mi procura dolore ogni volta: riguardo le vecchie foto che ho sul telefono. Come sembrano strane oggi, così lontane. Ogni settimana andavo a ballare con i miei amici e non avevamo mai potuto immaginare che la nostra vita sarebbe diventata questa.
Qualche giorno fa Paolo, un mio amico di vecchia data, ha chiamato per raccontarmi le sue novità. Si era sposato con una ragazza conosciuta sul sito del governo ma quando erano andati a vivere insieme, avevano scoperto di odiarsi. Un bel problema quello perché, per dividersi, devono rifare tutta la trafila di esami, test e quiz che avevano fatto per poter stare insieme. Ho un po’ paura per me e Francesca ma voglio essere fiducioso. Dev'essere quella giusta.
Nel 2020 si usava dire “Andrà tutto bene”, era appeso a tutti i balconi di ogni città italiana. Oggi non la si può più dire, è considerata la più grande bugia che ci siamo detti nella storia delle bugie. Mentre sto finendo di bere il caffè però voglio crederci ancora. Voglio credere che le cose miglioreranno un giorno. Voglio credere che un giorno ricorderò questo 23 marzo 2035 in maniera sfocata, così come ricordo, mentre scorro le foto sul telefono, quel viaggio a Parigi di tante vite fa.