Le cose di dopo

Il Contest del FLA2020

Lo specchio del tempo

di Elizabeth

Caro Specchio,
Se solo mi potessi parlare, chissà quante cose racconteresti di me, soprattutto ora che ti passo davanti più spesso del solito, nemmeno fossi la vetrina di una libreria.
In qualche modo mi ricordi che esisto, che non sono frutto della mia immaginazione.
Tutto mostri e tutto taci. Ritrai il mio presente e mi ricordi che ogni giorno sono il futuro di ieri.
Oggi ti guardo e qualcosa sembra passarti per la testa quindi permettimi di essere la penna dei tuoi pensieri, alla fine chi meglio di me può capire i tuoi silenzi.
Ebbene, hai visto l’arrivo della primavera filtrare dalle tende aranciate della mia stanza e una porta finalmente aprirsi e per mia grande sorpresa scoprire un continente ancora poco conosciuto ai molti. Un posto molto sottovalutato il balcone. Una terra di mezzo che gioca al vedo e non vedo, l’infinito dietro una siepe.
E’ da lì che ho visto le giornate cambiare a poco a poco e l’aria profumarsi di fiori ed erba fresca. E’ da lì che i miei piedi, come tremule orecchie di coniglio, fremevano al tocco del sole. Piedi che fino alla primavera passata decidevano di sfuggire alle lezioni e affrettarsi verso l’uscita dell’università per andare a salutare il mare, perché la libertà è fatta così, delle fughe che ti concedi. Libertà significa avvicinarsi alle cose invisibili, a quelle cose impercettibili che durante il giorno sembrano esserti passate attraverso come nebbiolina o che gratti via come un prurito momentaneo, ma poi te le ritrovi prepotenti nei sogni a scombussolarti le membra, ingannare i sensi, a contorcerti la mente in un impeto di violenta ribellione. I cambiamenti repentini disorientano il nostro concetto di normalità. Li consideriamo degli errori di percorso. Eppure dovremmo ricordarci che siamo dei torrenti umani. Siamo in grado di adattarci alla presenza e all’assenza. Un torrente anche se arido, riconosce la sua forma, sa la via da percorrere una volta che l’acqua lo inonda, sa aspettare. Ma sa anche che può diventare un mostro ingordo che prende più di quello di cui ha bisogno. Non possiamo fare a meno di essere contraddittori, di camminare sospesi tra due estremi.
Ed è arrivato l’inverno e le piogge e tu continui a riflettere il tempo. E mi chiedo come sarà il futuro. Dov’è che i miei piedi mi porteranno. Per ora sono immobili nel fango. Le cose di dopo come saranno?
E poi mi accorgo che altri piedi sono coperti di fango, che la terra li ha inghiottiti tutti. Specchio, che cos’è quell’albero lì in fondo? Ha per chioma le radici e per radici la chioma e fa dell’aria la sua terra.
Mi ricorda come ora io mi senta sottosopra, ma non è proprio questo che è servito a tutti? Ricordarci che siamo un caos in cerca di equilibrio. Manchiamo di tante cose e al tempo stesso non ci manca nulla, se non la gratitudine e la semplicità. Vorrei solo che le persone tendessero le loro radici al cielo e non si portassero la terra con se, ma ci galleggiassero sopra come fosse acqua, allora si che potrebbero volare ovunque.
E se la sabbia smette di cadere, si rigira la clessidra. Tempo. Diamoci tempo.

 

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