Ore 6.30, le prime luci dell'alba colorano di un debole arancione il cielo fuori dalla mia finestra. È inverno, una leggera brina inumidisce le colline attorno a me, il caffè sta salendo e il suo inconfondibile aroma pervade tutta la stanza. La quiete mattutina viene interrotta da un urlo proveniente dalla strada, è il ragazzo che consegna i giornali. Metto la vestaglia e scendo a prenderne uno, in prima pagina c'è la notizia di un assassinio. Il cyborg a servizio di una ricca signora è andato in cortocircuito aggredendola e distruggendo la casa. "Cyborg Ginki ammazza una donna devastando casa". Come siamo arrivati a tutto questo? Come siamo arrivati a sostituire i cyborg alle persone? Come abbiamo fatto a sostituire l'umanità, il calore, i sentimenti ad alluminio e gesti programmati, prevedibili e scontati? Ecco che si avvicina Elio, con il suo manto tra il grigio e il verde, lentamente mi si struscia sulle caviglie, fa le fusa, si ferma e mi guarda. Vuole la sua colazione, come ogni mattina, e io penso a quanto siano caldi e affettuosi i gesti routinari e prevedibili del mio amico peloso.