Le cose di dopo
Il Contest del FLA2020
Morena
di Elisir
Morena
Quel giorno aveva pranzato con i suoi, dopo innumerevoli insistenze di sua madre, che gli aveva parlato con il suo solito tono accorato, di chi non smette di sperare, nel tentativo di convincerlo che un giovane come lui non poteva stare chiuso in camera per ore, quando il mondo fuori si era finalmente liberato da quel flagello che era stata la pandemia da coronavirus.
A dire il vero, Eugenio aveva sentito provenire da quel mondo rinato, solo voci che gli facevano paura, anche adesso, che tutto sembrava finito, e per questa ragione la sua stanza era un rifugio perfetto.
Il negozio aveva riaperto e lui aveva ripreso la sua attività di commesso part-time, con contratto in scadenza.
-Impegnati!Altrimenti non ti rinnoveranno il contratto- aveva tuonato suo padre, mentre Eugenio portava alla bocca il primo boccone di minestra. Il cibo aveva acquistato un disgustoso sapore metallico, lo mandò giù a fatica. Quella cucina, quelle parole, quei visi: tutto gli sembrava estraneo e lontano.
Nel periodo di isolamento mai aveva pensato che ci sarebbe stato un “dopo”, un “domani”, che avrebbe dovuto fare i conti con una realtà dai tratti acuminati che poteva ferirlo tranquillamente, pur con tutte le precauzioni che aveva preso.
Nel suo profondo aveva sperato in un contagio. Sì, un contagio, con tutta l’incoscienza di cui era capace. Un giorno, durante il lavoro, aveva starnutito nel gomito, come avevano detto di fare. Una cliente, a cui stava preparando la fattura, si era allontanata alla ricerca di un altro commesso. La cosa lo aveva divertito. Aveva iniziato a fingere colpi di tosse e sonori starnuti per tenere lontani clienti e colleghi. Funzionava!
Il responsabile lo aveva convocato in ufficio, consigliandogli qualche giorno di ferie. Non aveva potuto dire di no, il gioco era finito.
Suo padre gli aveva fatto mille domande, a cui non aveva risposto.
Si era immerso completamente in quel virtuale che sentiva meno deludente e più gratificante della realtà, fin dai tempi del diploma, quando più forte era stato il senso di inadeguatezza e la pressione di una società che gli chiedeva il successo e la competizione.
Era diventato un corpo in una stanza, da cui in parte lo aveva sottratto suo padre, trovandogli lavoro nel commercio, ma il richiamo delle chat, della play, era sempre lì, pronto a resuscitare ogni volta che qualcosa andava storto.
Anche con Valentina era accaduto. L’aveva conosciuta in negozio, era una delle ragazze neoassunte. Lui non l’aveva neppure notata, si era fatta avanti lei. La cosa lo aveva lusingato, perché pensava di non essere fortunato con le donne, viste le precedenti fallimentari esperienze.
Lei era sempre ben disposta, questo lo rassicurava. Lui aveva quel suo sorriso malinconico che non riusciva ad abbandonare nemmeno in foto. Si era lasciato andare a un rapporto che però non riusciva a procurargli quel calore e quella pienezza che cercava. Valentina amava trascorrere i fine settimana fuori città, prosciugando, con il sorriso tatuato sul viso, le sue modeste sostanze. Durante la chiusura, le uscite si erano diradate. Lei lo aveva cercato raramente, lui ancora meno. Alla riapertura l’aveva rivista in negozio scherzare con alcuni colleghi e quando lo aveva notato gli aveva parlato del suo desidero di andare a vedere un posto che aveva scoperto in rete. Eugenio aveva annuito. Fu preso dallo sconforto, avrebbe voluto fuggire da lì, da tutti.
Il campanello della porta d’ingresso emise un suono prolungato, poi un secondo a poca distanza.
-Vai tu Eugenio- esortò sua madre dalla cucina.
Di malavoglia andò ad aprire. Una ragazza bellissima, gli offriva una pizza nel suo cartone.
-Gr…grazie!- balbettò Eugenio. Lei lo guardò divertita.
-Grazie? Mi devi 8 euro. – lei tese la mano. Eugenio la guardò imbambolato.
-Mi devi 8 euro- ripetè lei con calma.
-Sì certo, vado subito a prenderli.
Non li aveva. Chiese a sua madre. Dopo qualche minuto raggiunse la porta. Lei era ancora lì, vera e presente.
-La fattura?- domandò Eugenio che voleva sapere da dove provenisse quell’apparizione.
La ragazza gliela porse e andò via. Lui rimase sulla soglia. La ragazza si girò a guardarlo.
-Dimenticato qualcosa?
- No, così, scusa- rispose lui imbarazzato.
- Come ti chiami?
-Eugenio- e gli sembrò di volare.
- Morena- rispose lei- alla prossima pizza, ciao!
Portò il cartone ancora caldo in camera sua e lo posò sullo scrittoio. Tirò su le tapparelle e lesse il nome della pizzeria. Sapeva anche il nome di lei. Neanche in chat aveva mai avuto una tale sorpresa, un tale scompiglio. Tutto era accaduto per un errore, per una pizza destinata a un’ altra persona. Non doveva pensarci, aveva paura che ragionandoci sopra la vicenda potesse assumere dei contorni irreali, senza senso. Aveva timore che tutto svanisse come l’incanto di una bolla di sapone.
Morena, Morena si ripeteva.
Decise di andare a vedere il negozio, magari l’avrebbe incontrata.
Diede un paio di morsi alla pizza ai quattro formaggi, che non gli era mai piaciuta, ma che adesso sembrava diversa: appetibile e gustosa.
Prese il giaccone e uscì. Non vide sua madre dietro i vetri che cercava di capire dove andasse, a piedi.
La pizzeria non era lontana.
A un tratto si arrestò. Trovandosela di fronte che cosa le avrebbe detto? Si impose di non pensarci, le cose migliori sono quelle spontanee si disse.
Mentre i suoi passi si facevano più frettolosi, la mente ogni tanto si arrestava: era una pazzia. Una sconosciuta, una pizza…ma non erano pure degli sconosciuti tutti coloro che contattava su internet e con cui dialogava per ore sui temi più assurdi e insignificanti?
Quando scorse l’insegna della pizzeria gli sembrò di non aver mai camminato tanto. L’avrebbe aspettata davanti alla porta, lei si sarebbe ricordata di lui, avrebbero parlato, poi…Cominciava a piovere ed era senza ombrello. Si tirò su il cappuccio del giaccone e rimase ad aspettarla.