Le cose di dopo
Il Contest del FLA2020
Non tutto è perduto
di Alessia Santangeletta
«Vieni, Ivy. Dammi un abbraccio.»
La ragazza si avvicina senza emettere rumore. Si piega verso la sedia dove siedo e mi cinge con le sue braccia.
«Sei triste, Tom?»
«Sì. Ma non potresti capire.»
Ivy tace. Non le riesce difficile, anzi.
«Quando potrò tornare a parlare e ad emozionarmi come un tempo?» mormoro.
«Non conosco la risposta.»
«Eh, quando mai hai capito qualcosa, tu?» alzo la voce.
Toglie di scatto le braccia dalle mie spalle, va verso la cucina.
«Ti stai arrabbiando, preparo una camomilla.»
«No, non voglio una camomilla! Ne ho abbastanza delle tue camomille! Secondo te è solo così che ci si prende cura di una persona?»
Si blocca. «Non so.»
La guardo negli occhi. Accidenti, come li hanno fatti bene. Sembrano così veri, ma dopo alcuni secondi capisci che dietro a quelle pupille non c’è un’anima. Dietro a quelle finte espressioni non c’è altro che un ammasso di circuiti, viti e silicone. Tom, come puoi pretendere che un aggeggio del genere ti capisca?
La desolazione si scioglie in un pianto leggero.
«Vado a prendere un fazzoletto.»
«Non mi serve! Siediti lì, di fronte a me.»
Ivy ubbidisce.
«Questo 2050 non mi piace proprio.»
«2050. Serve un calendario?»
Sospiro.
«Prova solo ad ascoltarmi, ok? Non fare nulla. Ascolta e basta, va bene?»
«Sì.»
«Sono nato 30 anni fa, in un brutto periodo… così mi han detto. Dopo quel momento difficile, il mondo si è evoluto in un modo strano: sempre più tecnologie, controlli; dicevano che sarebbe andato tutto bene, che la tecnologia avrebbe aiutato a superare tutto, persino la povertà. E la gente ci credeva, sai? Forse qualcosa di buono è successo davvero, forse no, non lo so. Ma mio nonno… lui mi raccontava di una vita diversa. La gente era libera, poteva spostarsi da una nazione all’altra, scriveva libri, ascoltava musica, si faceva regali. E amava. C’erano anche problemi, ovvio, ma è normale. C’erano difficoltà ma anche momenti di gioia, di discussione e confronto. Si piangeva ma si sorrideva anche. Sai quand’è l’ultima volta che ho fatto un sorriso, io?»
«Questa mattina.»
«Quando?»
«Quando ti facevi la barba» risponde con naturalezza.
«Ma quello non era un sorriso. Intendo un sorriso vero.»
«Non so.»
«La verità è che non lo so nemmeno io! E, francamente, mi sto stancando. Perché vedi: come possiamo ritenerci una società progredita se nessuno è più felice?»
«La nostra epoca è la migliore. La più innovativa e sicura.»
«Questo te l’ha insegnato il tuo costruttore.»
«No, è la verità.»
«Cosa ne vuoi sapere tu di verità…»
«È un dato di fatto.»
«È un dato scritto sui giornali, ecco cos’è!» esclamo, infervorato. «Non è altro che uno slogan, per farci ingoiare tutte le pillole che vogliono!»
«Quali pillole?»
«Oh, santo cielo… È una metafora! Ma tu naturalmente non sai nemmeno cos’è.»
«Il 2050 è un anno stupendo. Il futuro è qui» continua lei.
«Finiscila con queste frasi dal cavolo o ti faccio smettere io.»
La guardo con sguardo truce, quasi con aria di sfida. Ma è inutile.
«Io la vedo la gente» riprendo. «Tu non capisci, ma io sì. Non sono ancora entrati abbastanza nel mio cervello, tu e le tue frasi non mi avete ancora fatto perdere la ragione… e vedo ancora cosa c’è negli occhi della gente. Le persone non sono felici! I tuoi slogan sono falsi, perché la fame c’è tuttora, così come le disuguaglianze e le malattie. Non so cosa sia stato fatto di buono in questi anni, ma so cosa abbiamo perso, e cioè il bene più importante: l’amore, le emozioni, la natura. Avete eliminato ogni filo d’erba, e adesso? Prendiamo ossigeno da degli stupidi aggeggi. Siamo tutti tristi e ci intossicate di pasticche chimiche per farci sopportare la vita.»
«La vita è più facile con queste cose.»
«Più facile? Ma guardati… avevo bisogno di parlare e tu sei solo stata in grado di offrirmi una camomilla e un fazzoletto.»
«Vuoi un abbraccio, Tom?»
«Non mi servono gli abbracci a comando. Ne voglio uno vero. Tu e la tua gente siete un vicolo cieco. Ma da oggi si cambia». Mi alzo, sbatto un pugno sul tavolo che ci separa. «Ribellione o morte.»
La spia rossa sul petto di Ivy si accende, inizia a lampeggiare; invia un segnale d’allarme al Governo di Controllo, dopo 3 minuti un drone dovrebbe arrivare alla porta a prelevarmi. Le parole sovversive devono essere fermate.
«Tu sei pericoloso» dice alzandosi.
«Taci!»
«Devo fermarti, sei un pericolo.»
Viene verso di me, pronta ad immobilizzarmi in attesa del drone.
«Pericolo. Allarme, allarme.»
I secondi passano, il tempo stringe.
Ivy estrae dal petto una siringa e una fiala e mi si avventa contro. Conosco quel liquido: è per i casi gravi. In pochi secondi mi spegnerà il cervello, rendendomi completamente dominabile.
All'ultimo istante riesco a liberarmi con un balzo, la colpisco con tutta la mia forza scaraventandola contro il muro in fondo alla stanza. Un umano che distrugge uno di questi aggeggi rischia di essere recluso a vita con pene severe, ma non posso evitarlo: se voglio fuggire, devo liberarmi di lei. La colpisco più volte con la sedia fino a disintegrarle la testa.
Ed eccola lì Ivy, l'assistente che ogni persona è obbligata ad avere per essere servita e controllata: giace sul pavimento insieme agli slogan che le hanno inculcato e la siringa tra le dita.
Mezzo minuto.
Mi strappo il braccialetto identificativo che ognuno deve portare, lo butto sulla carcassa di Ivy ed esco di corsa.
Mentre svolto l'angolo del caseggiato vedo arrivare il drone. Il braccialetto in casa lo disorienterà per qualche minuto, rendendomi irrintracciabile almeno per un un breve lasso di tempo.
Davvero abbiamo permesso a tutto ciò di accadere?
L'umanità si sta perdendo. Ma non arrendiamoci: recuperiamo il passato, facciamo rinascere i colori e i sorrisi che un tempo erano Vita. Dobbiamo riprenderci la felicità, lontano da questi automi e leggi opprimenti: solo così torneremo a riscaldarci in un abbraccio vero.
Inspiro profondamente e parto. Non sarò solo: c'è un esercito là fuori che mi aspetta. Raggiungetemi.
Non tutto è perduto.